Vittore Buzzi

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Jasper di Matthew Genitempo

Jasper di Matthew Genitempo 

Matthew lavora lentamente con un banco ottico, si prende il tempo necessario per entrare nella vita delle persone e loro lo percepiscono si accorgono che è importante che rimarrà una traccia che si sta procedendo ad una sorta di storicizzazione poetica di quello che sono state le loro esistenze, passate in silenzio lontano dal clamore del mondo dal turbinio della contemporaneità.

Ritratti, paesaggi dei monti Ozark inspirati dal poeta Frank Stanford mantengono una sorta di mistero, come se ci fosse una sospensione del tempo e della storia, punti pivotali di narrazioni in fieri, pronte a prendere delle strade che ancora non sono state scritte. Un bianco e nero delicato ricco di sfumature che ci invita a rallentare la visione a meditare di fronte a vite di persone che rischiamo di “giudicare” superficialmente e frettolosamente. Le foto di Genitempo ci invitano a sospendere il giudizio ad interrogarci e rassegnarci al fatto che non ci sono risposte semplici al senso della vita e che forse di risposte non ce ne sono proprio. Vivere, fare delle scelte ai margini, osservare esplorare avanzare con calma il tutto avvolto dalla nebbia che fa da collante a questa narrazione aperta che ci chiede di completare di proiettare noi stessi.

Un tipo di fotografia documentaria che sa coinvolgere, che recupera il linguaggio dei classici coniugandolo in una chiave contemporanea evitando di banalizzare con spunti reportagistici che avrebbero inevitabilmente ammazzato l’intero progetto. C’è una parte processuale di Jasper che fa intimamente parte del progetto, la scelta di un mezzo lento, con cavalletto che pretende una interazione profonda fra fotografo e fotografato richiede un abbandono una intimità di intenti che va oltre la semplice fotografia di passaggio.
C’è nebbia e strade sterrate, percorsi incerti tortuosi che spesso conducono a strade senza uscita e richiedono fatica, la fatica del quotidiano, con l’umidità che penetra nelle ossa.
Quante volte ci siamo persi? Quante volte ci siamo ritrovati? Quante strade ha percorso questa umanità arrancante ma non ancora sconfitta. Uomini che camminano sul ciglio ai bordi poco illuminati del campo lontano dalle telecamere del main stream. Consumano poco, disturbano poco sono poco interessanti per la politica e per la finanza eppure esistono, conducono percorsi di dignità alternativa alla massificata idea di felicità. Non si stratta di idee zen od orientali come molti possono credere ma dello stoicismo: 

<< Finché vaghiamo a caso, senza seguire una guida ma solo lo strepito e il clamore discorde di chi ci chiama da tutte le parti, la nostra vita si consumerà in un continuo andirivieni e sarà breve anche se noi ci daremo giorno e notte da fare con le migliori intenzioni. ….. 
sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno. Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno. E niente ci tira addosso i mali peggiori come l'andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori….>> Seneca, De vita beata 
Da guardare e riguardare con amore e calma.

Il lavoro sul sito di Matthew Genitempo: Jasper

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