La fotografia al limite
Siamo sull'orlo di un lungo pontile e di fronte a noi c'è il mare.
La fotografia ha cambiato pelle negli ultimi anni.
Non è più quella tranquilla e pacifica che conoscevamo: intenta a duplicare il mondo e a ridurlo ad una serie di icone o peggio (a volte) di stereotipi.
Fino a qualche anno fa c'erano i generi, rassicuranti e mitologici, il paesaggio, il reportage, la fotografia documentaria, quella di ritratto la fotografia autoriale, esisteva una mappa che non è stata mai rigida all'interno della quale ci si poteva orientare.
Poi si è passati ad una sorta di metticizzazione, di ibridazione di linguaggi, di generi, di usi e funzioni dell'immagine fotografica di pari passo anche il mezzo è cambiato diventando ora telefono ora videocamera ora device collegato ad app e ai social network.
Oggi vediamo i codici del ritratto portati nella fotografia documentaria o nel fotogiornalismo basta pensare ad alcuni lavori di Alec Soth. Oppure il linguaggio del cinema portato nei musei con immagini fissi ad opera di Alex Prager. O ancora Jurgen Teller che mescola la fotografia di moda con quella della fotografia quotidiana “vernacolare” e il flash dell’istantanea.
Possiamo quindi provare a pensare che mentre per quasi 200 anni la fotografia ha costruito degli stereotipi visuali e ci ha abituato a modelli di rappresentazione del mondo piuttosto convenzionali oggi il contemporaneo cerca di scardinarli di farci riflettere nuovamente sulle potenzialità del mezzo, del linguaggio e della creatività umana andando a colpire le nostre sclerotizzazioni.
A questo proposito non può non colpire il famoso lavoro di Mike Mandel in cui tutti i grandi fotografi della sua epoca vengono rappresentati secondo il codice delle figurine del baseball.
Proprio quando tutto sembrava finito, stanco stantio ecco il colpo di scena e il mondo torna ad essere luogo di esperienza scoperta ed, a volte, incanto....
La voglia di esplorare di tornare a guardare con occhi nuovi... Ecco cosa non deve mancare oggi.